Marilena Floris

Marilena Floris

Nuova pagina 2

*IL TEMPO SOSPESO*

*In questo tempo sospeso, ogni giorno , pubblico una pagina del diario di mia sorella grande. Sono ricordi della sua infanzia vissuti nell’immediato dopoguerra, in una cittadina povera che riprendeva piano piano la sua rinascita. Io arrivo dopo, alcuni suoi ricordi non sono i miei e mi fa piacere conoscere meglio il passato della mia famiglia e dei miei concittadini.
In questo gioco di ricordi, io partecipo con quello che so fare… abbinare al suo ricordo una mia foto in cui cerco di trasmettere il mio coinvolgimento emotivo. Oggi scelgo lo stupore di una bimba dietro la tenda di una finestra per ricordare lo stupore, la curiosità e l’incanto di mia sorella che osserva il suo mondo da dietro un vetro.

26 marzo 2020

dal diario odierno di mia sorella Dirindina Bella:
Buon giorno, apro la finestra, cielo grigio e freddo.
Dal Dizionario della lingua italiana: "Finestra", apertura nella parete esterna di un edificio per dare luce e aria all’interno".
Oggi, in questi giorni particolari, la finestra è l’unico collegamento visivo che ho col mondo di fuori.
Mi sveglio presto, vado subito alla finestra, la spalanco e guardo fuori. A volte sono ancora accesi i lampioni della piazzetta,a volte è già giorno ma lo scenario è sempre lo stesso: solitudine e silenzio.

Una mattina ho visto in cielo una grande luna color argento, ad un certo punto una nuvola scura è passata fermandosi a metà della luna, mi si è stretto il cuore, sembrava listata a lutto.
Normalmente, durante la giornata, non ho mai sentito il bisogno di guardare spesso dalla finestra, ma in questi giorni è come un richiamo, un’ansia, vorrei vedere qualcosa di cambiato ma è sempre lo stesso scenario: un paesaggio surreale.
Oggi dalla mia finestra.
Ieri , in un tempo così lontano ma vivo nei ricordi, guardavo dalla finestra la vita che mi scorreva davanti.
L’appartamento di nonna, dove ho vissuto per diverso tempo, era al piano terra. Avevo tre postazioni per poter spiare lì fuori: verso la via Roma, verso una discesa di fianco alla casa e verso il cortile.
Io mettevo una sedia vicino alla finestra, mi inginocchiavo sopra e guardavo fuori.
Passavano persone con la valigia che venivano dalla Stazione, uomini che indossavano bombetta e cappottino corto, signore con cappello e veletta. Passavano muratori con gli abiti sporchi di calce, le suore dell’asilo vestite di blu con un buffo copricapo bianco.
A volte mi piaceva fare degli scherzi a chi passava. Legavo un borsellino ad un filo bianco e lo buttavo sul marciapiede, nascosta dalla tenda aspettavo la reazione di chi passava. Ecco la mia preda! Visto il borsellino,si china per raccoglierlo, svelta io tiro il filo. Sorpresa! In tanti mi hanno mandato a quel paese.
Dalla finestra che dava sulla discesa di via Salaris cambiava la scena. In questa via c’era la Questura, spesso vedevo passare camionette con militari, furgoni scuri che, mi avevano detto, trasportavano le persone arrestate. Vedere queste cose mi dava l’ansia.
Puntualmente, quasi tutti i pomeriggi, vedevo passare un uomo vestito di velluto marron, camminava traballando, a volte inciampava, qualche volta l’ho visto cadere per terra e rialzarsi con l’aiuto della moglie che lo aspettava davanti alla porta di casa a braccia conserte. Capivo che era ubriaco. "Cola! S’arau ti colet! Ja ses acconzu" (Passa, che ti passi sopra l’aratro, già sei conciato bene!), diceva la donna. L’uomo non si scomponeva e rispondeva: "Ciao bella! Deddè dami unu basicheddu!" (piccola dammi un bacetto) mentre veniva tirato dentro casa per un braccio.
Nonno aveva affittato lo scantinato a uno straccivendolo, il signor Guerraccini e dalla finestra del cortile, ogni giorno,io potevo vedere un via vai di persone. Chi scaricava da un camion dei sacchi che venivano rovesciati per terra rivelando un contenuto multicolore, chi selezionava e scartava, chi le pesava. Se signor Guerraccini mi vedeva affacciata mi mostrava qualche pezzo di stoffa dicendomi: "Ti piace? Dopo te lo porto". Così avevo una bella collezione di stoffe, certe venivano da costumi di scena. Le utilizzavo per fare i vestiti alle mie bamboline di stracci.
Una volta al mese signor Guerraccini fabbricava il sapone. Presto preparava nel cortile un grande treppiedi con sotto della legna che accendeva,sopra il treppiedi metteva un grande pentolone di rame , credo con dell’acqua e ci buttava dentro tante cose, mi avevano spiegato che erano sego di bue, olio,soda e qualche erba. Il pentolone bolliva e ribolliva, qualcuno ogni tanto lo rimestava. Nell’aria si sentiva un odore che non mi piaceva. Poi il fuoco veniva spento e si lasciava raffreddare. L’indomani quell’impasto ormai indurito si tagliava in tanti piccoli rettangoli che poi venivano venduti. Naturalmente c’erano dei pezzi di sapone anche per noi.
Dalle mie finestre ieri.
Buona giornata*

 
BUONA GIORNATA A TUTTI Marilena
 

 

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