Zamagni: «Coronavirus, che errore aver dimenticato il Terzo settore»
L’editoriale di VITA magazine di aprile, da oggi scaricabile gratuitamente dal nostro sito, firmato dall’economista e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali. Un numero, intitolato "La fine di un mondo – La società civile e la sfida della ricostruzione", ricchissimo di contributi di pensiero e del racconto di esperienze
In questa crisi del Covid-19, che ci sta perseguitando dal 21 febbraio scorso, due sole dimensioni hanno attratto la quasi totalità delle attenzioni da parte sia dei soggetti pubblici istituzionali sia della politica e degli stessi cittadini: la dimensione sanitaria e quella economico-finanziaria. Nessuno potrà mai negare che si tratti di dimensioni di centrale rilevanza, ma sono le sole che devono essere prese in considerazione? Non lo credo proprio.
Ciò a cui finora è stata prestata scarsa attenzione è la dimensione socio-relazionale e spirituale. Il fatto è che le persone in carne ed ossa – come si è soliti dire – soffrono non solamente per il dolore fisico che avvertono, ma pure per la situazione di abbandono e di isolamento in cui vengono a trovarsi in conseguenza della malattia. Ne deriva che, quando si dice “prima la salute”, si dice una verità parziale se la si intende in modo riduzionistico, come finora è accaduto, salvo rare eccezioni. Non mi pare, infatti, che la categoria di bene relazionale sia mai stata chiamata in causa in questa triste emergenza.
Questa considerazione mi porta a fissare per un attimo l’attenzione su una lacuna registrata nella gestione della crisi. Si tratta di questo. Il nostro Paese vanta un insieme variegato di enti di Terzo Settore che non teme confronti a livello internazionale. In questo mondo vitale, tanti sono coloro che con competenza e passione si occupano da tempo di erogare servizi e assistenza sanitaria. Penso a organizzazioni come ANT, AIL, VIDAS, AVIS e a tante altre ancora; alle associazioni di volontariato ospedaliero (AVO), a “Medici senza frontiere”; a cooperative sociali che si dedicano agli anziani non autosufficienti e ai portatori di disabilità varie, alle Misericordie e altre APS. E così via. Ebbene, nei tavoli o cabine di regia dove si andavano disegnando le strategie di intervento, questo mondo non è stato invitato a dare il contributo di cui è altamente capace.
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