La lingua dei suoni indiscreti. Migliaia d’anni fa l’uomo scoprì che per comunicare i diversi stati d’animo poteva farlo utilizzando arnesi rudimentali oppure, spingendo fiato dai polmoni in modo violento. Da questi rumori e profondità di suoni provengono Verdi, Puccini, Wagner, ma pure Shakespeare, Beckett, Deledda, Pirandello. “Il contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà”. Così scriveva Pier Paolo Pasolini. La lingua dei suoni indiscreti parte da questa riflessione per avventurarsi alla ricerca di una verità pura e semplice: quella dell’uso della parola ibrida, contaminata e perciò viva. Parola antica, colorata o grigia, esuberante o ermetica, seppure sempre carica di risonanze appartenenti ai luoghi d’origine. Parola che diventa suono quando abbandona l’astrattezza della pagina scritta, per poi confrontarsi con le varianti sonore della limba-lingua-phoné. Ed è proprio qui che ritorna una verità semplice, inconfondibile, e di grande impatto emotivo.
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