
Dibattito. Il ciclo di incontri organizzato dalla Lute sullo Statuto sardo risveglia la città assopita
C’è stato un tempo, qualche lustro fa, che davvero Nuoro sembrava meritare l’appellativo di Atene Sarda. Un Istituto Superiore Etnografico, promotore di ricerca scientifica di alto valore, interlocutore di Università sarde, italiane e straniere. Un sistema bibliotecario territoriale d’eccellenza. Un Consorzio universitario che portava per la prima volta nelle zone interne l’istruzione superiore. La nascita del Man, un fiorire di iniziative di studio di rilievo nazionale per valorizzare l’opera dei suoi figli migliori. Poi un progressivo quasi inarrestabile declino accompagnato dal decadimento della rappresentatività politica. Il Commissariamento degli Enti locali e territoriali, un distacco progressivo dall’impegno e dalla partecipazione. Tutti ad analizzare la decadenza. La crisi dei partiti. Il distacco dei giovani e di tanta opinione pubblica da ogni impegno civico. Il ruolo surrogatorio dei social. Ci si convinceva che era il segno dei tempi, della mancanza di una vera società civile. E via discettando e discorrendo. Ma ecco inaspettato e imprevisto, qualcosa di nuovo. Che non si vedeva davvero da tempo. La Lute nata in città da un gruppo di volenterosi nel 2017, si fa promotrice, con l’aiuto di un giovane studioso, Carlo Pala, di tre appuntamenti, il 24 e il 31 gennaio, il 7 febbraio sul tema Lo statuto Speciale sardo come carta fondamentale di un popolo. Proponendosi di analizzare le principali motivazioni storiche della nascita dello Statuto, i personaggi che lo avevano voluto, il contesto storico di riferimento, il ruolo dello Stato italiano e il vasto dibattito che sempre ha accompagnato la vita dell’Istituto autonomistico. Un azzardo il tema, un azzardo la vasta sala dell’Auditorium G. Lilliu poiché da tempo iniziative di questo tipo non richiamavano interesse, così che gli organizzatori ripiegavano su sale private e riservate a pochi partecipanti ed estimatori. È stato emozionante vedere in tutti e tre gli incontri la sala piena di giovani studenti, di cittadini interessati e partecipi. Eugenia Laria, presidente della Lute ha manifestato la legittima soddisfazione per una sfida vinta e andata oltre ogni aspettativa. Quasi a coronamento di una attività di organizzazione e di supplenza di varie istituzioni educative nel settore della educazione permanente che, al pari di altre, erano andate via via restringendosi. Oggi la Libera Università conta su 350 iscritti e mediamente organizza una quarantina tra corsi, workshop e laboratori all’anno. È vero che sono andati spegnendosi i partiti così come li avevamo conosciuti dalla nascita della Repubblica. È vero che è ampiamente invalso un disamore per la partecipazione ma quando sembrava che tutto andasse spegnendosi ecco che la società civile, poiché la natura non ama il vuoto, pian piano si organizza, nascono tanti sodalizi nel settore del volontariato, del tempo libero, dell’ambiente e della solidarietà. Davvero qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico che, speriamo, preluda alla fine dell’inverno.
Il terzo incontro, dopo il primo a cura di Salvatore Mura a carattere storico sulla conquista dello Statuto e il secondo sugli aspetti giuridici dello Statuto stesso a cura di Marco Corrias, è stato a cura dello stesso Carlo Pala che ha svolto, in una sala particolarmente piena e attenta, un’analisi politologica della Carta sarda. Non prima di rivolgersi direttamente agli studenti del liceo classico e pedagogico, che hanno assicurato l’accoglienza dei partecipanti nei tre incontri. Pala ha voluto richiamare l’attenzione sull’importanza della ‘educazione civica’ per diventare dei cittadini migliori attraverso una politica capace di promuovere valori di impegno e partecipazione. Se l’Autonomismo è stato il modo con cui la politica regionale ha sin qui utilizzato lo Statuto, il bilancio non può essere positivo, ha affermato lo studioso. Si è parlato di autonomia incompiuta, zoppa. Senza convalidare un giudizio così negativo ha invece parlato di Autonomia ‘lieve’, per indicare una sua fissità che ha bisogno di essere scossa per produrre frutto. Necessario operare una seria analisi delle ragioni della specialità espresse o meno nella prima stesura. Ma soprattutto di quelle che oggi possono declinare una forte specialità, a partire dalla lingua e dall’ambiente. Pala ha ricordato che nel dopoguerra gli estensori motivarono la specialità sul ritardo di sviluppo sardo rispetto alle regioni più ricche. Altre rimasero inespresse, sotto traccia e affidate alla sensibilità e al confronto fra le forze politiche. Si rende oggi necessario riscrivere lo Statuto esplicitando le ragioni peculiari della specialità stessa. Per superare i molti conflitti di attribuzione nei confronti dello Stato, per modernizzare l’amministrazione regionale. Per riformare una legge elettorale che lasciò fuori del Consiglio Regionale Michela Murgia con 70.000 voti e una percentuale del 10,32%. Lo studioso ha concluso dichiarando che i sardi debbono impossessarsi politicamente delle ragioni per cui si ritengono speciali, per evitare che la specialità resti solo sulla carta. Poiché se oggi la si perde, anche sotto l’attuale pressione delle ‘autonomie differenziate’ non si avrà più motivo di riaverla.
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